Gli smartphone Android hanno un’interessante prerogativa che li differenzia nettamente da tutta la gamma iPhone: la memoria interna è espendabile grazie ad uno slot microSD in cui alloggiare una memory card microSD. Una soluzione semplice, rapida ed economica che non ha avuto però vita facile: basti pensare alla decisione di Samsung, in passato, di togliere questo supporto dai suoi Samsung Galaxy S6 e Note 5 o alla decisione di Google di fare altrettanto anche sulla gamma Nexus. Gli utenti, però, sembrano apprezzare la presenza di questo utile supporto e, dopo numerose proteste, anche Samsung è ritornata sui propri passi includendo di nuovo il prezioso supporto alle microSD sui Galaxy S7 e, più recentemente, sul suo modello di punta, il Galaxy S8. Insomma tutti i produttori di smartphone Android, salvo poche eccezioni, normalmente includono un supporto per la memoria espandibile.

Tuttavia, dietro questa funzionalità apparentemente semplice, si celano moltissime domande. Ad esempio: quant’è la capacità massima di memory card microSD che si può utilizzare su un particolare modello di smartphone? La risposta non è sempre semplice, perché lo standard impiegato sulle memory card microSD non è uniforme. In più ci si aggiunge un ulteriore problema: Android utilizza e supporta alcuni tipi di file system (il modo con cui un OS gestisce i file e le cartelle), mentre Windows e OSX ne supportano altri tipi. Il motivo? Ci sono ragioni tecniche (Android deriva da Linux, Windows è un OS proprietario e OSX deriva da Unix, mentre altre motivazioni vanno ricercate nei brevetti con cui certi file system sono registrati.

Le memory card microSD e la SD Association

Cominciamo con le basi. Lo standard per le memory card SD e le microSD è stato definito dalla SD Association. Fu pensato nei primi anni 2000 da Panasonic, SanDisk e Toshiba per sviluppare e promuovere uno standard di memory card uniforme a livello industriale. Di base questa associazione fa in modo che che tutte le tecnologie legate a SD (Secure Digital) per i lettori, le card e i formati siano effettivamente compatibili: tutto questo si realizza attraverso una specifica certificazione di conformità.

Tutti gli standard di memory card SD (Secure Digital). Foto di Wikipedia.

In origine lo standard per le memory card SD supportava fino a 2Gb. Poi è stato introdotto lo standard SDHC che estendeva la capacità delle memory card fino a 32Gb, per poi passare con SDXC a ben 2Tb. Tutti gli standard successivi sono compatibili con il precedente: il che vuol dire che un lettore di memory card SDXC può leggere tutti i formati precedenti, un lettore compatibile SDHC supporta solo SDHC e SD ma non SDXC.

Ogni dispositivo che alloggi uno slot microSD riporta sulla confezione o fra le caratteristiche tecniche la dicitura, ad esempio, “”memoria espandibile tramite microSD fino a 32Gb” il che probabilmente vuol dire che il lettore di memory card è compatibile con lo standard SDHC.

Tecnicamente ogni dispositivo Android che supporti lo standard SDXC può potenzialmente leggere memory card con capacità fino a 2Tb. Ma poiché le memory card microSD da 2Tb (ancora) non esistono, molti OEM semplicemente indicano “memoria espandibile tramite microSD fino a 128Gb/256Gb””. Insomma si adotta la massima capacità possibile offerta in quel momento dalla tecnologia microSD, ma di fatto potenzialmente è possibile supportare tutti e 2 i terabyte previsti dallo standard.

FAT32, exFAT e Microsoft

Così come è indispensabile classificare le caratteristiche di una memory card, la SD Association si è occupata anche di come i dati effettivamente fossero memorizzati all’interno del supporto. Se si immagina una memory card SD come un blocco di spazio di archiviazione, ogni dispositivo che voglia leggere un file da questo blocco deve sapere dove un file comincia e dove finisce, deve essere in grado di trovare i dati in base al suo nome di file e percorso e deve anche esporre alcune informazioni fondamentali sui permessi di accesso, la data di memorizzazione del file, la data dell’ultima modifica e altro ancora. Il modo con cui i dati sono organizzati su di un dispositivo di memorizzazione è controllato dal file system. Ce ne sono diversi di file system e sono legati al tipo di sistema operativo impiegato dal dispositivo o PC: su Windows il file system più impiegato è NTFS, su OSX è HFS+ e su Linux, molto probabilmente, è ext4.

Se però si va a ritroso nei primi anni ’70, si vedrà che Microsoft produsse la sua prima versione di file system denominata FAT (File Allocation Table). Era originariamente pensata per essere utilizzata su un floppy disk, anche se negli anni fu utilizzata anche su hard disk, DVD, pendrive USB e memory card (anche SD). Era il file system utilizzato di base da Windows e così è rimasto fino a Windows XP che ha invece iniziato a utilizzare NTFS.

Ci sono molte differenti varianti del file system FAT che si differenziano soprattutto per la dimensione della tabella di allocazione dei file e degli elementi memorizzati su di essa. Queste differenti variazioni sono riconoscibili attraverso il numero di bit che possono essere memorizzati in ogni posizione della tabella di allocazione. L’originale file system FAT consentiva di memorizzare 8 bit, ed è oggi conosciuto come FAT8. Poi successivamente venne introdotto il sistema FAT12 e il FAT16 utilizzato sopratutto nelle prime versioni di hard disk utilizzate da il PC AT di IBM. FAT32, invece, venne introdotto con Windows 95 OSR2, che supporta quindi 32bit di allocazione nella tavola di allocazione dei file.

Lo standard exFAT (Extended File Allocation Table) è un altro prodotto di Microsoft che nacque per sopperire ad alcune limitazioni tecniche di FAT32. Anche se quest’ultimo file system è ancora particolarmente utilizzato (perché compatibile a livello universale con praticamente qualsiasi sistema operativo esistente al mondo) e raccomandato per essere utilizzato sulle memory card SD e SDHC, ha una limitazione non di poco conto: supporta una dimensione massima dei file di 4Gb.

Anche se un file di 4Gb era inimmaginabile ai tempi di Windows 95 (pensiamo solo per fare un esempio alle dimensioni di un floppy disk, 1.44Mb, o alla capacità massima di un CDROM, 650Mb), le esigenze moderne di memorizzazione di video registrati in alta qualità ha del tutto moltiplicato le dimensioni dei file. Per sopperire a questo limite, Microsoft ha pensato di evolvere FAT32 e introdurre, per l’appunto, exFAT.

Quest’ultimo standard fu introdotto nel 2006 come parte integrante del sistema operativo Windows CE 6.0 (destinato ai palmari e altri dispositivi mobili). Consentiva la memorizzazione di file più grandi di 4Gb e fu adottato dalla SD Association come file system principale da utilizzare sulle memory card SDXC.

Ancora oggi, comunque, tutte le microSD e memory card SD di grandi dimensioni utilizzano di default exFAT come file system principale.

Poiché sia FAT32 che exFAT appartengono a Microsoft, che ne ha logicamente brevettato il funzionamento, questo è il motivo perché tutti i produttori OEM che decidano di impiegarli devono pagare le royalties a Microsoft, che sta quindi incassando miliardi di dollari proprio grazie alla vendita di smartphone e tablet Android.

Insomma, la decisione della SD Association è apparsa negli anni quanto meno singolare, dal momento che, da quel momento in poi, ogni smartphone, fotocamera digitale, tablet, media player o altro ancora che utilizzasse una SD o una microSD ha dovuto pagare una licenza a Microsoft. Se la scelta di FAT32 era perfettamente comprensibile perché era uno standard de facto nell’industria, non altrettanto poteva dirsi di exFAT che veniva utilizzato solo ed esclusivamente da Microsoft.

Windows di default non formatta con FAT32 una memory card SD più grande di 32Gb, ma propone solo NTFS e exFAT (ma il problema si può aggirare con tool di terze parti). In generale, comunque, oltre i 32Gb si tende ad utilizzare exFAT per essere compatibili con qualsiasi sistema operativo, dal momento che NTFS è una prerogativa degli OS Microsoft (anche se viene malamente supportato da Linux e da OSX con un tool di terze parti).

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Adoptable storage

Dal momento che si parla di memory card microSD, vale la pena menzionare quella che è la loro funzione principale su Android, ovvero quella di essere “adoptable storage” (memorizzazione adottabile). E’ un termine tecnico in inglese del tutto intraducibile che designa però un processo molto noto a chi possiede uno smartphone Android. E’ un metodo molto rapido per guadagnare dello spazio extra da utilizzare per file multimediali come foto, musica o video e trattarli in una maniera del tutto simile ad un pendrive USB su Windows o OSX. Il telefono o il tablet non è dipendente in nulla dalla memory card e può operare anche senza di essa. Questo lascia all’utente la completa libertà di estrarre la memory card in qualsiasi momento e utilizzarla ad esempio su di un PC, per poi reinserirla successivamente quando se ne ha bisogno.

In ogni caso sarebbe altrattanto utile poter disporre di questo spazio aggiuntivo nello stesso modo in cui si utilizza lo spazio di memoria interno, per poterci magari memorizzare i dati delle applicazioni su di esso. In passato era possibile spostare l’applicazione stessa sulla memory card grazie ad un meccanismo spesso identificato come “sposta su SD” dal menu delle applicazioni di Android. Recentemente, però, questa possibilità è stata inibita dalle ultime versioni di Android per evidenti problemi di sicurezza connessi ad un utilizzo di questo tipo. Infatti basta perdere la memory card o lo smartphone perché tutte le informazioni personali connesse alle applicazioni (comprensivi di dati sensibili potenzialmente delicati) siano immediatamente accessibili semplicemente utilizzando un lettore di memory card con un PC. Chiaramente i dati non devono essere stati crittografati (opzione peraltro messa a disposizione da Android), ma ben pochi utenti sfruttano questa possibilità. Sugli smartphone Samsung, ad esempio, sin dal Galaxy S6 questa possibilità è stata tolta.

Con Android 6.0 Marshmallow, comunque, è stata introdotta la possibilità di utilizzare la memory card microSD esattamente come se fosse lo storage interno: dopo aver scelto questa opzione, infatti, viene crittografata e utilizzato come media principale di archiviazione. In tal caso, oltre alle foto e ai video, sarà possibile memorizzarci applicazioni e dati. Si tratta di un bel passo in avanti, dal momento che il potenziale di memorizzazione di queste memory card nel loro formato più evoluto SDXC possono arrivare fino a 9 Zetabyte! Chiaramente oggi la tecnologia consente al massimo 200/256gb sulle microSD di ultima generazione, ma il futuro riserva sempre sorprese.

Pendrive USB e USB OTG

Sino ad adesso ho parlato solo di memory card SD, ma questo discorso può essere logicamente ampliato anche ai pendrive USB e alle flash memory in generale. Molti dispositivi Android possono connettere il dispositivo attraverso la porta USB (microUSB o USB Type C) ad un adattatore USB OTG. Come le memory card SD, i flash drive USB possono essere formattati sia in FAT32 che in exFAT. Ovviamente si applicano tutte le restrizioni relative alle dimensioni massime dei file.

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Conclusioni

Se non ti ha annoiato questo breve excursus sulla storia dei file system utilizzati dai principali sistemi operativi oggi utilizzati, adesso sai con certezza perché una memory card viene direttamente formattata dal produttore in un certo modo.

Puoi senza dubbio seguitare ad utilizzare FAT32 per il futuro, pur essendo consapevole dei suoi limiti e delle sue restrizioni. Ma sempre più spesso (anzi ormai sempre) ti troverai ad avere a che fare con exFAT, con cui tutte le memory card di ultima generazione vengono formattate.

Quello che non ti consiglio di fare è di utilizzare NTFS sulle memory card SD e microSD: a meno che tu non voglia circoscriverne l’utilizzo al solo sistema Windows, rimarrai tagliato fuori dal mondo Android e, probabilmente, anche dagli stessi Mac.

 

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